di Domenico Capponi

Sono sempre partito da dietro.

Se immagino una ipotetica linea di partenza, insieme ad ipotetici corridori, ebbene si, la sensazione con cui ho dovuto convivere per lungo tempo è stata quella di essere sempre 100 metri dietro quella linea.

 

La Linea di partenza

Una sfortuna , il caso, un destino ostile. Non lo so esattamente come definire questa sensazione.

So che è stato così.

Nelle avventure di Huckleberry Finn di Mark Twain si legge:

“State lontani da chi vi scoraggia dalle vostre ambizioni. E’ ciò che fanno le persone meschine. Quelle veramente grandi vi fanno capire che anche voi potete essere grandi”.

Per quanto mi riguarda non credo di aver avuto persone meschine al mio fianco, penso invece che essere riconosciuti per ciò che si è, può essere un grande dono.
Quando questo non accade tutto è più difficile, più complesso, ma non per questo meno bello ed avvincente. Infatti quello che per tanto tempo ho pensato fosse uno svantaggio, quel dover mettere nelle gambe più forza degli altri, quel dovermi rialzare ancora prima di cadere per non perdere terreno, mi ha dato la forza e tutto è stato possibile grazie alla volontà di diventare ciò che sono.

Con il tempo mi sono convinto che la vita ci racconta una storia e molti si limitano ad ascoltarla, e interpretare la parte che gli viene riservata. E’ una storia frutto di tante voci questa. Quello che posso dire è che ho imparato che sta a ciascuno di noi raccontare alla vita la propria storia.

La passione che ci muove

 

Per farlo è necessario scoprire quale passione ci muove, cos’è che ci fa volare con l’immaginazione, che ci trascende da dove siamo, per portarci dove vorremo essere.

Dobbiamo vivere per quell’immaginazione, dobbiamo nutrirla di tutto, perché nutrendola noi nutriremo noi stessi, la nostra parte più vera.
E poi arriva il momento in cui si rimane da soli, in cui tutto è potenzialmente possibile, in quel momento l’unica certezza è il porto lasciato e l’unica possibilità si trova da qualche parte nel mare che abbiamo davanti.

Fare l’editore

Ecco, ho scelto di fare l’Editore proprio per trovarmi in questo preciso istante, nel momento esatto in cui tutto è possibile e impossibile allo stesso tempo.

Tutto è folle e razionale.

Lì dove è molto probabile che cadrò ma è altrettanto certo che mi rialzerò. Solo in quel preciso “non luogo” si comprende che l’audacia di cui un Editore ha bisogno non lo libera dalla paura, ma gli infonde la consapevolezza di agire nonostante la paura trasformandola in uno stimolo volto a cercare nuove mete e voci fuori dal coro.

Einaudi diceva che ogni mattina si svegliava con l’impeto di cercare autori in grado di spostare il paletto della conoscenza un pochino avanti.

Valentino Bompiani affermava che di suo, l’Editore nel libro ci mette solo l’Amore.

Io credo che, oggi più di sempre, l’Editore debba essere la risultate di queste due visioni, mirando alla ricerca di una felicità che nasce dalla consapevolezza.
E chi meglio di un navigatore sognante, in preda ai venti e alle onde del mare, sempre alla ricerca di una rotta, mai attraccato ad un porto sicuro, può dare l’esempio che, nonostante tutto la vita è uno stato mentale.

In fondo tutti gli sforzi fatti, tutta quell’ostinazione nella ricerca che diventa ragione di vita, quel non arrendersi davanti alle evidenze dette da altri. Il confronto costante con le parole cercate, perse, volute fino alla sfinimento, fino a farle diventare carne, azione e figura.

Ripetute infinite volte dentro una stanza piena di libri e di idee. Fino a convincersi che tutto è un’azione costante dell’anima, un moto in divenire per arrivare a dire l’unica cosa che vorrebbe oggi la pena di gridare:
il potere di immaginare un mondo migliore è dentro di noi e dipenderà da noi e solo e sempre da ognuno di noi cosa sceglieremo e cosa faremo per realizzarlo.