Abbiamo visitato la mostra fotografica “Simili ai fiori che bucano la neve” che dal 5 al 16 febbraio occuperà le sale della Palazzina Azzurra di San Benedetto del Tronto. Abbiamo avuto il piacere di intervistare l’ideatore e autore della mostra Daniele Cinciripini. Ex informatico, ormai artista-fotografo di professione, vincitore di numerosi premi fotografici, Daniele Cinciripini presiede la sua mostra ogni giorno, mattina e pomeriggio: accoglie i visitatori, si presta a qualsiasi domanda e spiegazione, fa da cicerone tra le foto e le autobiografie di volti segnati dal tempo ma illuminati da sguardi vivi e fieri
Il tema della mostra è la memoria e il suo intento è quello di sensibilizzare gli animi affinché il passato non diventi preda dell’oblio. A quanto pare, Daniele c’è riuscito, poiché la mostra sta avendo un successo che lo stesso autore non si aspettava. Gli abbiamo rivolto alcune domande.
Tanto per iniziare, perché non ci parli un po’ del tuo lavoro, di cosa ti occupi, come impegni le tue giornate
Sono fotografo da poco, anche se la passione c’è sempre stata. Poco tempo fa ho perso il lavoro da informatico che facevo da anni e ho deciso di riavvicinarmi agli amori giovanili. Dopo aver vinto alcuni importanti premi, la fotografia si è trasformata da hobby a qualcosa di più. Lavoro molto per progetti e questo mi permette di scegliere liberamente le tematiche da affrontare. Molto a cuore ho il progetto “La faccia della crisi”, realizzato poco prima del licenziamento e sostenuto dalla CISL di Macerata in occasione dell’anniversario per i 60 anni del sindacato; il progetto sul terremoto dell’Aquila, “L’Aquila 06 aprile 2009”, questo sostenuto dal FAI per la ricostruzione della Fontana dalle 99 cannelle; e il progetto sull’Alzheimer.
Parlaci un po’ della mostra, come sta andando?
La mostra sta andando bene, non pensavo. È nata da un’idea, scaturita dal progetto sull’Alzheimer. Volevo dar voce ai ricordi prima che venissero dimenticati. Fotografando i malati di Alzheimer, ho pensato ai miei genitori, al loro passato e ho sentito come cosa dovuta dar loro la parola e starli a sentire. Ho masticato per diverso tempo questa idea dentro di me, fino a quando non ha preso forma. Di solito, quando abbraccio un’idea o un progetto, poi mi ci dedico anima e corpo, ci lavoro con tutto me stesso. Devo ringraziare l’Assessore alla Cultura Margherita Sorge che sin dal principio mi ha dato fiducia e ha creduto nel progetto.
“Simili ai fiori che bucano la neve” è il titolo che hai scelto per la mostra. Indubbiamente molto suggestivo e carico di significato. Ci puoi dire da cosa sei stato ispirato nella scelta?
È il verso di un poeta francese che amo, Bonnefoy. È un artista contemporaneo che ha scritto anche saggi di arte e pittura. Il verso è tratto dalla poesia “Sui rami carichi di neve”. Dalla stessa poesia ho ripreso il titolo per il progetto sull’Alzheimer “Anche il cielo ha queste nuvole”. Perché la scelta del verso “Simili ai fiori che bucano la neve”? Perché i ricordi affiorano in maniera quasi impercettibile e silenziosa, come appunto i primi fiori di primavera. Di proposito ho cercato un verso dalla stessa poesia per creare una continuità tra il progetto dell’Alzheimer e quello attuale, avendo il tema del ricordo in comune.
Passiamo a domande più generali e affrontiamo il tanto discusso tema della cultura, cosa mi puoi dire della condizione in cui versa la cultura in Italia? Sei ottimista?
No, non sono ottimista. La cultura e la politica italiana sostengono ciò che ha riscontro immediato, non investono sul nuovo, fanno la scelta del “tutto e subito”. Per quanto riguarda la mostra, non pensavo che l’Assessore mi appoggiasse incondizionatamente dato che non nasceva come progetto di successo; e c’è anche da aggiungere che qui a San Benedetto la fotografia viene relegata ad arte di secondo piano; il fotografo non è solo quello dei servizi di matrimonio.
Come per la tua mostra, pensi che anche in ambito culturale bisogna affondare le radici nel passato per andare avanti nel futuro?
Assolutamente sì. Il passato è fondamentale per preparare le basi al futuro e sono anche convinto che l’autobiografia è un mezzo per il recupero della memoria.
Ultima domanda, ritorniamo sul personale, cosa ti ha dato e continua a darti la fotografia?
La fotografia è parte di me. Quando scatto una foto, sono io che entro nell’obiettivo, non riesco mai a spersonalizzarla. Con i primi soldi guadagnati nell’adolescenza, ho comprato una vespa e una macchina fotografica, simboli del viaggio, l’una e della passione l’altra. I casi della vita mi hanno portato ad accantonare la macchina fotografica per un po’, ma il fatto che ci sia ritornato mi ha permesso di capire che non si trattava di sola passione.
Simona Del Gran Mastro