Nel momento in cui mi sono messo a pensare a come affrontare questo discorso, a come argomentare un ragionamento sulla Poesia , mi è venuta un’associazione di idee spontanea. Ho pensato alla religione, al sacro.
Perché un’associazione del genere?
La religione è oggi qualcosa di assente , qualcosa di ininfluente nella nostra vita, così come lo è la poesia. E Dio solo sa quanto avremmo bisogno di far entrare la poesia nei nostri cuori, nel nostro vivere quotidiano.
Ma perché è così? Cosa ha fatto sì che nei nostri cuori non ci fosse più spazio per la poesia? Cosa ha relegato l’espressione poetica in un angoletto angusto e buio, abitato da un ometto gobbino e smilzo che cerca parole sfuggenti e bizzarre e le inchioda con superba precisione al foglio bianco?
Cosa ha relegato frasi che hanno relegato generazioni intere in un foglietto dall’odore di cioccolato?
Tante cose e non una sola, tanti fattori e non uno solo. Non penso di poterli argomentare tutti, ma penso che due di questi siano determinanti.
Quell’ometto gobbino appare chiaro chi possa essere, è il poeta di oggi, che chiuso nel suo stanzino e nei suoi circoli va cercando parole, le veste bene e mette in fila e poi le espone in vetrina, una vetrina un po’ giallina in un vicolo chiuso che per andarci bisogna sapere che c’è.
La poesia oggi è qualcosa di distante, ha perso il collegamento con la realtà, non me ne vogliano i poeti, ma così è.
C’è stato un tempo in cui la poesia ha dato voce altissima all’animo umano e attraverso le parole i poeti hanno interpretato emozioni universali. Oggi questo non avviene perché i poeti poeteggiano e non vivono. Cercano di afferrare con le parole emozioni che non vivono, ecco perché si crea un distacco e chi legge lo sente. Questo è un dato di fatto.
Tanti anni fa un mio amico fece una post-fazione ad un mio libro di poesie; terminava così: “Poeta non vuol dire un cazzo, Poesia in lui è tutto”.
In queste poche righe c’è la spiegazione e la risposta.
Se avrete possibilità, o meglio se vi concedete la possibilità di leggere le poesie che inseriremo nel blog tratte da La voce a te dovuta di Pedro Salinas, capirete di cosa ho voluto parlare. Settanta componimenti che un uomo di cultura con una eleganza e semplicità sconcertante dedica a una donna. Ma in realtà, in questo componimento è tracciata la dinamica emotiva di un amore, di tutti gli amori. Non ci sono paroloni, non ci sono chiodi superbi che crocifiggono le parole, no, nessuna parola è costretta, il poeta le ha prese e messe lì senza costrizioni né legacci e loro hanno accettato di restarci, perché quello era il loro posto: un istante prima vagavano nel mare del mondo, un istante dopo avevano la loro identità, il poeta l’aveva riconosciuta e gliel’aveva ridonata.
Una parola dietro l’altra a formare una poesia, una parola dietro l’altra per dare un nome e un senso ad un’emozione, per restituirla poi a qualcun altro, affinché tutti noi potessimo dire: anche io. Affinché ciascuno di noi, leggendo, potesse non sentirsi solo, perché il poeta parla a tutti nello stesso momento, con le stesse parole, ma in modo diverso. Penso che la cosa magica sia proprio questa: ognuno è solo davanti alla poesia, ognuno ne percepisce un senso tutto suo, diverso dall’altro.
Questo il poeta può farlo perché è entrato dentro un’emozione, l’ha vissuta intensamente e poi l’ha chiamata per nome.
Leggete le poesie, leggete la poesia e non vergognatevi se non capite, non pensate che sia una cosa difficile e distante, roba per pochi vestiti in candido completo di lino bianco, no, i poeti, quelli veri, sono guerrieri, le loro vite non conoscono la via di mezzo perché l’amore per la vita non sta mai in mezzo. Le parole non sono labirinti indecifrabili, sono lame affilate che tagliano l’anima.
Se leggete e non capite, se le parole vi sembrano muri, se tutto vi sembra lontano, chi scrive, chi vi è presentato come poeta, altro non è che un disgraziato, uno rimasto in finestra con la penna in mano, uno che non conosce i bassi tormenti dell’anima. Le complicanze dell’essere umano, del bene e del male, del vero e del falso, del sentire tutto e niente, del dare e togliere, dell’amare e non amare nello stesso momento la stessa donna o una sconosciuta. Uno che non conosce l’irregolarità dell’anima, il suo vagare sfuggente, il suo nascere e perdersi e rinascere, ecco, forse è proprio questo che fa un poeta: nasce e muore tante volte, poi rinasce in una continua dinamica di avvicinamento a se stesso.
Il mese di settembre sarà dedicato alla poesia. Nei prossimi giorni verranno inserite alcune poesie del poeta spagnolo Pedro Salinas. Vorremmo affrontare l’argomento in chiave provocatoria per sapere a cosa “serve” la poesia, se, effettivamente, si ha bisogno di poesia nel vivere quotidiano, ma anche lasciare libero chiunque nel commentare o scrivere un testo poetico
Domenico Capponi