Autrice: Annalisa Fabbri
È stata l’amante di Rodin, ma soprattutto Camille Claudel è stata una grande scultrice: la più grande di tutti i tempi.
Parigi, 1883. Lui era un uomo di quarantatré anni; lei una fanciulla di diciannove: il vecchio maestro e la giovane allieva. Tra loro sbocciò un sentimento denso di emozioni proibite, un amore viscerale capace di mescolare passione e creazione in un turbinio di pulsioni erotiche. Insieme varcarono i confini del possibile. Non erano più “il vecchio e la bambina”, bensì amanti eternizzati, senza alcun trascorso e con il destino incerto. Lo scandalo fu imminente e il giudizio impietoso. Il maestro fu assolto, mentre l’allieva condannata a un inferno senza rogo, a una vita segnata da rughe senza più storie da raccontare. All’età di quarantanove anni fu sepolta viva tra le mura di un manicomio, con l’intento di sottrarle il pensiero e inibirle la parola. Seguirono trent’anni di silenzio, trent’anni durante i quali Camille non mostrò alcun pentimento nel portare la sua croce. E perché mai avrebbe dovuto? La sua unica colpa fu quella di essere nata donna, aggravata dalla libera scelta di farsi scultrice: una professione per antonomasia maschile, che la portò a superare in genio il suo celebre maestro.