A cura di Donatella Ferretti

Un uomo, due vite: Guglielmo Divini da Lisciano e Frate Pacifico. Il primo brillante e acclamato poeta presso la corte più splendida e dotta del tempo, la corte Sveva di Palermo agli inizi del Duecento. Il secondo, umile frate, compagno tra i prediletti di san Francesco, scalzo e poveramente vestito, splendente solo della luce della sua fede. Due storie straordinarie racchiuse in una unica esistenza, quella di un giovane rimatore che dalle pendici del Colle San Marco, presso Ascoli Piceno, giunge ai vertici della gloria letteraria grazie al suo talento, che possiamo senz’altro collocare agli esordi della lingua italiana. Poi l’incontro che cambia tutto con il poverello di Assisi, la conversione del cuore, l’abbandono della vecchia vita e della precedente identità per assumere quella di Fra’ Pacifico e abbracciare gli ideali francescani della povertà, dell’umiltà, della fede autenticamente vissuta. Non più rime e versi, non più balli e banchetti, non più fama e onori, ma preghiera e nascondimento, accanto agli ultimi, ai sofferenti, a coloro che vivono ai margini della società. Infine, il più alto privilegio e la più straordinaria delle esperienze: essere accanto a san Francesco nella fase della malattia che lo avrebbe portato ad abbracciare Sorella Morte. In quei mesi del 1225, il santo compone quell’opera sublime per la forma letteraria e per l’altissimo valore spirituale che è il Cantico di Frate Sole o Cantico delle Creature, avendo accanto colui che in passato era stato il “re dei versi”. Non è improbabile, e questa è l’ipotesi che consegniamo ai nostri lettori, che nella stesura e nella messa in versi di quel Cantico, Guglielmo/Pacifico abbia avuto un ruolo.