A cominciare da questo articolo, il blog della nostra Casa Editrice vuole dedicare ampio spazio al tema della cultura in Italia, per sapere quello che i nostri lettori pensano su un argomento così delicato, che ultimemente è stato protagonista di molte testate giornalistiche e dibattiti televisivi. Vi invitiamo a dire la vostra. Le bellezze italiane stanno attraversando veramente una fase di oblio? Cosa fare per uscirne?
6 novembre, poco dopo le 6 del mattino, crolla a Pompei la Domus dei Gladiatori, la palestra degli atleti nell’antica città romana.
30 novembre, sempre a Pompei, crolla il muro nella Casa del Moralista … ma quant’è fragile questa nostra Italia!
I crolli di Pompei non sembrano altro che una metafora della condizione in cui versa la cultura in Italia. A quanto pare, l’ “Italia culla della cultura” non esiste più.
Già da tempo è in atto la fase di declino, attutita dal nostro saper vivere di rendita: una rendita regalataci dal fervore rinascimentale, dai grandi padri del Risorgimento, dal boom economico e culturale del dopo guerra, quando il popolo italiano aveva fatto suo il sogno americano del “tutto è possibile”.
Bè, l’incuria, la sottovalutazione e l’ignoranza hanno reso la nostra penisola fragile e pericolante e ne hanno innescato l’inevitabile declino.
Diceva Aristotele: “La cultura è ornamento nella buona sorte, un rifugio nell’avversa”, ma qualcuno crede che con la cultura non si mangi e per questo non merita i fondi necessari per poter prosperare e mantener ancora viva l’immagine che le nazioni estere hanno dell’Italia: una terra che trasuda cultura, bellezza e genio creativo.
Sosteneva Gramsci: “La cultura
Perché non si sente l’esigenza del gusto appagante della conoscenza? Perché le reti televisive propinano programmi insulsi e ridicoli? Perché permettiamo che si prendano gioco della nostra intelligenza? Perché preferiamo non pensare, non riflettere e non ragionare con la nostra testa?
Francis Bacon scriveva nei suoi Saggi: “La lettura fa l’uomo completo; il discorrere lo rende preparato e lo scrivere esatto”.
Nella Spagna del XVI-XVII secolo, una profonda crisi economica, le guerre e il crescente impoverimento delle masse innescarono una grande rivoluzione culturale: il Siglo de Oro, ossia il periodo di massimo sviluppo e splendore della cultura spagnola. I poeti presero a fare poesia sulle rovine, i testi trattavano di malinconia, di caducità della bellezza, di esistenza effimera. E fu proprio dal pessimismo e dal disinganno che scaturì l’idea di calderoniana memoria che “la vida es sueño y los sueños, sueños son”.
Simona Del Gran Mastro