Autore: Fabio Casalini
Se non vedo non credo.
Questa citazione evangelica è il simbolo della cultura occidentale, dominata dall’impero della vista, dove tutte le credenze, le opinioni, la conoscenza e la stessa verità sono indissolubilmente legate all’idea di visione e al concetto di ragione che illumina.
Ma se ha ragione Platone e l’essere umano si trova incatenato all’interno di una caverna, il paradigma epistemologico imperante, sorretto dalla fiducia nella luce e nel suo potere di illuminare qualcosa che si nasconde, perde ogni tipo di fondamento riducendosi a mera illusione. Quello che crediamo di vedere, di percepire, non sono gli oggetti reali, sono ombre proiettate su una parete, immagini eteree e distorte; sono fantasmi.
Indagare sulla misteriosa morte di una donna e sua figlia di appena tre anni diviene così nient’altro che la possibilità di assistere al meraviglioso e totalmente insensato talento del cervello di creare ciò che gli uomini credono invece di percepire, fuori di loro.
In una incongruente spirale di avvenimenti, tra flashback, sedute di ipnosi, psicoterapia e aspettative personali, il protagonista, sempre legato a una narrazione in prima persona (con un punto di vista necessariamente parziale e relativo), diverrà lo spettatore inerme di tale distorto gioco di riflessi, in una grottesca deformazione percettiva totalmente svincolata da qualsiasi tipo di sostrato reale.
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